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lunedì, marzo 02, 2015

Synergie Italia apre una nuova sede ad Aosta: ecco i profili più richiesti



Dopo quella di Verrès, ecco una nuova apertura nel capoluogo valdostano. La scelta è dettata dalla necessità di servire in modo tempestivo una città, e un territorio, in cui si concentra un terzo della popolazione della Regione autonoma. Tra le figure di cui le aziende vanno in cerca ci sono promoter, operai in ambito siderurgico, commesse e autisti.

Synergie Italia continua ad aprire nuove filiali in Italia. L’ultima arrivata è ad Aosta, la prima in città e la seconda in Valle d’Aosta, dopo quella di Verrès, aperta nel 2013. La scelta di inaugurare una sede nel capoluogo della Regione autonoma risponde a diverse necessità. A cominciare da quella puramente geografica e demografica.

«La Valle d'Aosta è molto estesa: se con l'apertura a Verrès coprivamo bene la media-bassa valle, da Pont-Saint-Martin a Chatillon, ci mancava un presidio più vicino alla zona di Aosta, dove tra l'altro risiede un terzo degli abitanti della Valle», spiega Gabriele Francisca, district manager di Synergie Italia responsabile per l’area Canavese e Valle d'Aosta.

«Molti clienti ci chiedevano di essere presenti qui per presidiare il territorio e rispondere alle loro esigenze in modo più tempestivo. Alcune importanti imprese di questa zona ci hanno detto: se sarete qui, noi siamo pronti a offrire nuove opportunità di lavoro. Ed eccoci».

Anche se la filiale aostana è attiva da pochi giorni, il team può già indicare i profili professionali che sono - o saranno a breve - richiesti dalle aziende del luogo per esperienze di lavoro in somministrazione: promoter di prodotti enogastronomici, operai in ambito siderurgico, commesse e commessi per negozi, autisti.

A ben vedere sono attività professionali legate a doppio filo con i settori produttivi in cui si osserva maggiore dinamismo. «Il turismo, per esempio, continua a essere un comparto in fermento», aggiunge Francisca. «Poi ci sono alcune eccellenze industriali, in particolare nel settore siderurgico,  e ci sono tante realtà nei servizi che hanno un peso importante».

Nonostante i pochi giorni di vita, i primi riscontri arrivati da parte di aziende, candidati e istituzioni sono stati positivi. «Abbiamo ricevuto una buona accoglienza. Un aspetto su cui contiamo di ricevere molta attenzione è la Garanzia giovani. Ci stiamo preparando per il periodo in cui il piano sarà gestito a livello nazionale. Questa fase partirà in primavera e noi saremo tra le poche agenzie accreditate».

martedì, febbraio 17, 2015

Synergie Italia apre una nuova sede in Toscana, a Porcari (Lucca): ecco i profili più richiesti e i tipi di aziende che sono in cerca di personale



La nuova apertura porta a 8 le filiali in Toscana e a 65 quelle in Italia. La zona scelta è ad alta vocazione industriale e costituirà unopportunità importante per molte persone a caccia di un impiego in vari settori, dallindustria cartaria al calzaturiero. Il Capo Area Toscana, Paolo Mearini:
«Una filiale a pochi passi dalle aziende è un segnale forte: vuol dire rispondere alle esigenze del sistema produttivo in maniera tempestiva offrendo un servizio a chilometro zero”»

Synergie Italia ha aperto il 2 febbraio una nuova filiale a Porcari, in provincia di Lucca. La notizia va sottolineata perché lapertura della nuova sede di unagenzia per il lavoro non riguarda solo i lavoratori e le aziende ma incide anche su tutto il territorio che ne è interessato, dai cittadini alle istituzioni.

Synergie Italia, che arriva così a 8 filiali in Toscana e 65 in Italia, ha scelto questa cittadina nel Lucchese (la popolazione residente è di circa 9 mila persone, ma durante il giorno sale almeno a 15 mila con lafflusso di chi vi arriva per lavoro) perché è il cuore di un polo industriale molto attivo, sede di alcune tra le più importanti industrie cartarie dItalia e dEuropa.

Intorno alle imprese che producono carta ruota un significativo indotto di aziende, soprattutto metalmeccaniche, che comprende, tra le altre, società che producono macchine utensili per le cartiere e ditte che si occupano della manutenzione degli impianti. Il flusso di lavoratori in questa zona è perciò consistente.

Anche in periodo di crisi, infatti, nel sistema produttivo locale ci sono stati anni in cui il numero di occupati è cresciuto. Nel 2012, per esempio, erano 163 mila, contro i 158 mila dellanno precedente. Nel 2013, ultimo dato Istat disponibile, il numero di persone occupate era calato (157 mila) ma a giudicare dal fermento che si osserva in questi anni, è possibile prevedere che il totale delle persone con un impiego torni a salire.

In questo contesto, la filiale Synergie di Porcari può giocare un ruolo importante. «Aver aperto una sede a pochi passi dai cancelli di ingresso delle aziende è un segnale forte: vuol dire rispondere alle esigenze del sistema produttivo in maniera tempestiva offrendo un servizio a chilometro zero con manodopera specializzata flessibile della zona e formata in base ai bisogni delle imprese», dice Paolo Mearini, Capo Area Toscana di Synergie Italia.

La sede di Porcari punterà molto proprio sulla formazione. «Investiremo molte risorse su questo fronte, progettando non solo corsi generici ma anche e soprattutto percorsi specifici. Per esempio, nellambito della metalmeccanica, arrivano sempre più di frequente richieste di lavoratori competenti nelluso di macchine a controllo numerico», aggiunge Mearini.

Ma da dove arriveranno le maggiori opportunità di lavoro? Il team della filiale di Porcari ha cominciato a ricevere richieste per diversi profili, tra cui operai specializzati per macchine ribobinatrici e tubiere, manutentori meccanici, elettricisti, trasfertisti, progettisti meccanici, softwaristi, impiegati commerciali estero.

«Per ogni ruolo è richiesta esperienza, e se in produzione anche la disponibilità a lavorare su turni», spiega Mearini. «Si parte con contratti a tempo determinato che sono sempre più spesso il primo passo verso unassunzione diretta in azienda».

Oltre al settore della carta e alla metalmeccanica, c’è bisogno di personale, sia di produzione che impiegatizio, anche in altri comparti forti in questo territorio, come il calzaturiero.

«A differenza delle industrie cartarie della zona, che hanno dimensioni medio-grandi, i calzaturifici sono molti ma spesso piccoli e quindi non tutti sono abituati a esportare», spiega il Capo Area Toscana di Synergie Italia.

«Ora però il territorio sta vivendo una fase di grande trasformazione, in cui anche le imprese minori vogliono riqualificarsi e puntare a vendere la propria produzione allestero. Ecco perché le richieste di personale qualificato per affrontare queste sfide, a cominciare dalla conoscenza delle lingue, aumentano. E noi di Synergie, a Porcari, lavoriamo proprio per venire incontro a queste necessità».

Non a caso, anche se la filiale ha aperto da pochi giorni, ha già stimolato linteresse di aziende e persone in cerca di impiego. «Siamo in unarea di Porcari che ha grande visibilità. È stato sufficiente accendere linsegna per ricevere grande attenzione da parte dei candidati. E allo stesso tempo, le istituzioni ci hanno accolto a braccia aperte e le imprese che stiamo contattando si stanno mostrano molto ricettive e contente della nostra scelta», afferma Mearini.

«I nostri uffici sono già pieni di persone e abbiamo già dato avvio ad alcune ricerche: nei settori di punta - appunto carta, metalmeccanico e calzaturiero - ma abbiamo ricevuto richieste di altro tipo, a dimostrazione che questo territorio non è affatto monotematico. Tra laltro, non tutto è concentrato su Porcari. Qui siamo tra Lucca e Altopascio, unaltra zona industriale di rilievo. Quindi possiamo soddisfare anche esigenze che arrivano dalle aree limitrofe».

Per informazione scrivere allindirizzo e-mail: lucca1@synergie-italia.it

venerdì, febbraio 06, 2015

On demand economy, arriva l’epoca dei “lavoratori alla spina”



Impieghi temporanei, anche di poche ore, con retribuzione definita in anticipo, offerti e richiesti attraverso app disponibili su pc e smartphone e siti di annunci specializzati. Benvenuti nell’era del lavoro on demand. Può essere una soluzione per la disoccupazione giovanile? È presto per dirlo perché i numeri, soprattutto in Italia, sono ancora esigui. Ma di certo è una trasformazione del mercato del lavoro che non può essere sottovalutata e che potrà essere una risorsa utile per creare nuove, anche se brevi, opportunità di lavoro per freelance, studenti-lavoratori e persone in cerca di un’occupazione

Lo chiamano on demand economy, ovvero “economia su richiesta”. E l’immagine che la rappresenta con più efficacia è una recente copertina dell’Economist in cui sono raffigurati dei lavoratori “alla spina” che escono da un rubinetto secondo le esigenze dei committenti.

I lavori on demand sono quegli impieghi temporanei, con retribuzione definita in anticipo, che vengono offerti e richiesti attraverso le nuove tecnologie. Nascono così app per far incontrare domanda e offerta di lavoro in tempo reale, siti di annunci specializzati in lavoretti di poche ore, piattaforme dedicate ai freelance, agli studenti-lavoratori o a tutti quelli in cerca di un secondo lavoro per arrotondare.

Così, persone in cerca di lavoro possono trovare occupazioni temporanee semplicemente consultando il proprio smartphone. Da un’app, per esempio, si può scoprire che un ristorante a pochi isolati da dove si abita ha bisogno di un addetto alle pulizie per un giorno e farsi ingaggiare all’istante per quella giornata. Oppure può succedere che un ufficio abbia bisogno di una traduzione dal cinese per una serie di documenti e uno studente possa essere pagato ad hoc per quel tipo di incarico. O ancora, c’è da sostituire un lavoratore assente in un magazzino, per poche ore, e un disoccupato potrebbe approfittare dell’occasione e rendersi disponibile per la mini-sostituzione.

Anche se le dimensioni del fenomeno sono ancora limitate, la on demand economy rischia di ridefinire l’organizzazione del mercato del lavoro, andando a mettere in competizione le piattaforme che offrono questi minijob e le agenzie per il lavoro. La battaglia, in questo caso, è sul tempo: chi riesce a fornire un’occupazione in minor tempo, per quanto temporanea e con poche garanzie, ha più probabilità di vincere.

Non si tratta di qualcosa di nuovo in sé: il lavoro freelance è sempre esistito. Sono le modalità a cambiare: la on demand economy porta agli estremi questo modo di lavorare, che conta sempre più “addetti”. Negli Usa, per esempio, un lavoratore su tre è freelance. La flessibilità, insomma, spinta ai limiti.
Ma può essere un modo per generare più lavoro per i giovani disoccupati? È quello che si chiede l’Economist alla fine dell’articolo dedicato al tema. In Italia è difficile stabilirlo, innanzitutto perché ci sono ancora poche piattaforme online (secondo la mappatura di Collaboriamo sono tredici) che fanno incontrare domanda e offerta di lavoro per freelance e per lavoratori occasionali.

E quelle che ci sono non fanno i numeri che si osservano in Paesi più abituati a questi modelli organizzativi, tra cui Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Per esempio, da noi piattaforme come TaskRabbit, una delle principali nel mondo anglosassone per la domanda e offerta di “lavoretti”, non sono ancora decollate.

In più, non va dimenticato che il nostro Paese non brilla per i compensi offerti ai freelance. Per esempio, sulla piattaforma Elance, dove sono registrati circa 21 mila lavoratori, attivi più che altro negli ambiti creativi e nell’information technology, l’Italia risulta al ventunesimo posto per guadagni complessivi: 22 dollari in media all’ora.
Certo, l’attenzione verso queste nuove modalità di lavoro è alta. Una dimostrazione arriva dal dinamismo delle startup su questo fronte. Nascono nuove imprese come Tabbid, il social network dei lavoretti, Doityo, una app di annunci geolocalizzati per il job right now (“lavoro ora”), Minijob.it, in cui ci si può offrire per piccole riparazioni, lavori da imbianchino, personal trainer mettendo in chiaro da subito le tariffe, e Le cicogne, per trovare babysitter.
Immaginare quali scenari possano nascere da questo nuovo assetto è decisamente complicato, anche perché i numeri sono ancora esigui e non è ancora noto l’impatto di questa on demand economy sull’organizzazione del lavoro nelle aziende più strutturate. Certo è che per ridurre la disoccupazione giovanile sarà necessario guardare anche a questo fenomeno.

venerdì, gennaio 16, 2015

Disoccupazione giovanile al 43,9%, mai così alta. Più di un giovane su dieci è senza lavoro



Gli ultimi dati provvisori Istat restituiscono un quadro sempre più allarmante per quanto riguarda la situazione dell’occupazione in Italia. A novembre 2014, il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni è arrivato al 43,9%, il livello più elevato da quando esistono le serie storiche (1997). Il tasso di disoccupazione generale ha raggiunto il 13,4%: i senza lavoro sono 3 milioni e 457 mila. Cala il numero di occupati (22 milioni e 310 mila, - 48 mila rispetto al mese precedente) e il tasso di occupazione, pari al 55,5%.
Sale, sale, sale. E sembra che non ci sia nulla in grado di fermarlo. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è aumentato ancora. A novembre 2014 ha raggiunto il 43,9%, 0,6 punti percentuali in più rispetto al mese precedente e 2,4 punti in più rispetto al novembre 2013.  A rilevarlo è l’Istat nelle stime provvisorie. Si tratta della percentuale di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni più alta dall’inizio delle serie storiche, cioè dal 1977, e da quello delle serie mensili (2004).
È un contesto in cui anche la disoccupazione generale fa registrare dati allarmanti. Il numero di disoccupati è pari a 3 milioni e 457 mila, l'1,2% rispetto al mese precedente (40 mila unità in più) e l’8,3% in più rispetto al novembre 2013 (264 mila in più). Il tasso di disoccupazione è pari al 13,4% (+0,2% rispetto a ottobre e +0,9% su base annua).

In questo quadro, gli under 25 che non riescono a trovare lavoro sono 729 mila, con un’incidenza del 12,2% rispetto alla loro fascia d’età, in lieve aumento rispetto al mese precedente (+0,3%) e in crescita di 1,1 punti percentuali sui dodici mesi.

Un giovane su dieci è disoccupato, quindi. Come precisa l’Istat, il tasso di disoccupazione giovanile è calcolato come la quota di giovani senza lavoro sul totale di chi lavora o è in cerca (gli attivi). Non è corretto pertanto dire, come spesso accade, che due under 25 su cinque sono disoccupati.
Il numero di giovani inattivi è pari a 4 milioni 304 mila, in calo dello 0,5% rispetto al mese precedente (-22 mila) e del 2,1% nei dodici mesi (-93 mila). Il tasso di inattività della fascia 15-24 anni è pari al 72,1%, diminuisce di 0,3 punti percentuali nell’ultimo mese e di 1,1 punti rispetto al 2013.

Se invece si fa riferimento agli inattivi tra i 15 e i 64 anni, il numero cala dello 0,1 rispetto a ottobre e del 2,2% rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività, pari al 35,7%, rimane invariato rispetto al mese precedente e scende di 0,7 punti su base annua.
La situazione non è serena neanche per quanto riguarda il tasso di occupazione, che è pari al 55,5%, scende di 0,1% rispetto al mese precedente e resta invariato rispetto a dodici mesi prima. A novembre gli occupati erano 22 milioni 310 mila, 48 mila in meno rispetto a ottobre (-0,2%) e 42 mila rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-0,2%).

Le cifre diventano sempre più marcate. Così nette che a volte rischiano di non fare neanche effetto su chi le osserva. Di mese in mese, salvo alcune eccezioni, il quadro peggiora anziché migliorare. A volte, per trovare delle statistiche incoraggianti, è necessario forzare la lettura dei numeri mettendo in evidenza solo i dati positivi. In questo caso, nessun gioco di prestigio. Nessuna illusione ottica. La situazione del lavoro in Italia sembra la più cupa degli ultimi anni.