STAMPA L'ARTICOLO

Visualizzazione post con etichetta jobs act. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta jobs act. Mostra tutti i post

lunedì, aprile 27, 2015

NASPI, mini-guida per richiedere la nuova indennità di disoccupazione


Ecco alcune indicazioni utili sul nuovo ammortizzatore sociale introdotto dal governo nellambito del Jobs Act: chi può richiedere, come fare domanda, a quanto ammonta lindennità e quanto dura

La NASPI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale Per lImpiego) è la nuova indennità di disoccupazione introdotta dal governo Renzi nellambito del Jobs Act. Dal primo maggio sostituirà gli ammortizzatori sociali attualmente in vigore: ASP e mini ASPI.

Ecco chi può fare richiesta della NASPI

Possono fare domanda per il sussidio soltanto i lavoratori dipendenti (con contratto a tempo determinato, indeterminato o di apprendistato) che:
  • hanno perso involontariamente il lavoro. Non possono quindi accedere allindennità le persone che si sono dimesse volontariamente senza giusta causa; 
  • hanno almeno tredici settimane di contributi versati nei quattro anni che precedono il periodo di disoccupazione;
  • hanno svolto almeno 18 giorni di lavoro nellultimo anno.
Come si richiede la NASPI
La richiesta si può presentare in diversi modi:
  • online, sul sito dellINPS, da quando lindennità sarà disponibile. Per richiedere la NASPI online sul sito INPS è necessario essere in possesso del codice Pin. Ecco il link in cui si può fare richiesta del codice;
  • attraverso il call center dellINPS, digitando il numero gratuito 803164 da telefono fisso o il numero da cellulare 06164164 (in questo caso la chiamata è a pagamento, in base alle tariffe del proprio piano telefonico)
  • rivolgendosi a strutture come CAF (centri assistenza fiscale) e patronati oppure attraverso commercialisti, consulenti del lavoro e altri liberi professionisti.

A quanto ammonta la NASPI
  • Limporto del nuovo sussidio è pari al 75% dello stipendio, se questultimo è pari o inferiore a 1.195 euro al mese nel 2015
  • Può arrivare a un massimo di 1.300 euro al mese, se lo stipendio percepito prima della perdita del lavoro era superiore a 1.195 euro al mese: si calcola il 75% di 1.195 euro più unindennità del 25% della cifra che eccede. Dal quinto mese di fruizione dellindennità, la cifra viene ridotta del 3% al mese.


Quanto dura la NASPI

Il sussidio dura per un numero di settimane pari alla metà di quelle di lavoro svolte nei quattro anni precedenti. La durata massima è di due anni.

Quali obblighi ha un lavoratore che percepisce lindennità di disoccupazione

Chi riceve la NASPI è obbligato a partecipare a iniziative di attivazione lavorativa o riqualificazione professionale per rendere più facile il proprio ritorno nel mondo del lavoro.


martedì, marzo 17, 2015

Jobs Act, quanto e come risparmiano le aziende



I primi dati sulloccupazione (+5% degli assunti a tempo indeterminato a febbraio 2015) confermano che le misure contenute nella Legge di Stabilità sono uno stimolo per le aziende ad ampliare il personale. Ma il contratto a tutele crescenti, la principale novità della riforma targata Renzi, conviene alle imprese? Secondo alcune simulazioni, sì. E parecchio: più della metà rispetto a quanto avrebbero speso in tasse nel 2013

Dei possibili effetti che il Jobs Act avrà sui lavoratori si è parlato a lungo e ancora si parlerà. Ma alle aziende, la riforma del mercato del lavoro targata Renzi, conviene? Riscontri concreti non ce ne sono ancora. Ma se si tiene conto di alcune stime e dei segnali positivi che arrivano dai numeri sulloccupazione, si può tentare di dare una risposta.

Di certo, Jobs Act o meno, la Legge di Stabilità ha previsto degli incentivi che incoraggeranno le assunzioni a tempo indeterminato nel 2015. Per le aziende che assumono personale con contratto permanente, la finanziaria ha stabilito una decontribuzione per tre anni consecutivi: il risparmio sarà in media di 8.070 euro allanno per ogni neo-assunto.

In questo modo, per esempio, il contratto a tempo indeterminato (che dallentrata in vigore della riforma è a tutele crescenti e dunque prevede il reintegro del lavoratore licenziato ingiustamente solo per casi di discriminazione o per casi disciplinari che non sussistono) viene a costare di meno dellapprendistato inferiore a due anni e del contratto a tempo determinato.

Inoltre, è prevista una deducibilità ai fini Irap del costo del lavoro che avvantaggerà anche le aziende e non solo i lavoratori.

I primi effetti di queste misure si fanno sentire, dal momento che a febbraio 2015 c’è stata una consistente crescita dei contratti a tempo indeterminato. Secondo l'Osservatorio sul mercato del lavoro della CNA, che monitora le assunzioni su un campione di 20mila imprese, i nuovi contratti sono stati il 37,5% del totale, il 5% in più su febbraio 2014.

Tra le varie stime sui risparmi che avranno le aziende grazie al contratto a tutele crescenti, particolarmente significativa è quella fatta dal quotidiano online QuiFinanza, che ha analizzato diverse situazioni mettendo a confronto il costo sostenuto dalle imprese nel 2013 per unassunzione a tempo indeterminato e una effettuata nel 2015 in base alle nuove norme.


Un caso riguarda un neo-assunto con un inquadramento a tempo indeterminato da 24 mila euro lordi allanno con 13 mensilità e nessun figlio a carico. Due anni fa, questo contratto sarebbe costato allimpresa 2.633 euro, a cui sottrarre 1.325 euro di cuneo fiscale: il netto in busta paga sarebbe stato quindi di 1.308 euro al mese.

Nel 2015, il medesimo contratto costa all
azienda 1.983 euro, con un cuneo fiscale di 500 euro e un netto mensile di 1.483 euro. Il gap tra il cuneo fiscale del 2013 e quello del 2015 è del 64%. Un risparmio molto consistente.

Il secondo caso preso in esame è di un neo-assunto con un contratto a tempo indeterminato da 15 mila euro lordi. Anche in questo caso, le mensilità sono 13 e non ci sono figli a carico. Nel 2013, limpresa avrebbe pagato 1.641 euro al mese. Togliendo 754 euro di cuneo fiscale si sarebbe arrivati a un netto in busta di 887 euro.

Nel 2015 la situazione cambia e il costo, per limpresa, diminuisce fino a quota 1.239 euro. Cala anche il cuneo fiscale: 207 euro. Con il risultato che il lavoratore, in busta paga, si trova 1.032 euro e il risparmio sul cuneo sarebbe del 73%. Più che dimezzato anche in questo caso. Stando a queste simulazioni, quindi, al momento assumere nuovi lavoratori con un contratto a tempo indeterminato conviene.

venerdì, marzo 06, 2015

Jobs Act, ecco cosa cambierà nel mercato del lavoro



La riforma del mercato del lavoro varata dal governo Renzi trasformerà lo scenario in modo profondo. Dalladdio allarticolo 18 per i nuovi assunti alle nuove regole sul demansionamento, dallo stop ai co.co.pro. fino alle novità sul congedo parentale. Ecco quali sono, in sintesi, i cambiamenti introdotti dal Jobs Act

Il Jobs Act sta per trasformare radicalmente il mercato del lavoro. Dal contratto a tutele crescenti alladdio allarticolo 18 dello Statuto dei lavoratori per le nuove assunzioni, dalla fine dei contratti a progetto alle nuove norme sul demansionamento: le novità in arrivo sono molte e c’è chi ha già parlato, nel bene e nel male, di una rivoluzione. Ecco quali sono, in sintesi, i principali cambiamenti introdotti dalla riforma (per la quale il consiglio dei ministri ha appena varato alcuni dei decreti attuativi più importanti) che entreranno in vigore nei prossimi mesi.

Tutele crescenti e reintegro solo per licenziamenti discriminatori
I nuovi contratti a tempo indeterminato saranno a tutele crescenti. In altre parole, per i nuovi assunti, lindennizzo in caso di licenziamento ingiustificato aumenta a seconda dellanzianità di servizio (due mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio, con un minimo di 4 mensilità e un massimo di 24). Con laddio allarticolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si prevede che il reintegro nel posto di lavoro è possibile solo se il licenziamento è nullo o discriminatorio. Nei casi di licenziamento disciplinare, la reintegrazione sarà possibile se il giudice dovesse ritenere che il fatto materiale contestato al lavoratore per interrompere il rapporto di lavoro non sussista. Per le piccole imprese resteranno valide le regole in vigore attualmente.

Indennizzo anche per licenziamenti collettivi
Lindennizzo monetario varrà anche per i licenziamenti collettivi nel momento in cui lazienda dovesse violare le procedure e i criteri di scelta sui lavoratori da licenziare. Le mensilità da corrispondere, in questo caso, variano da 4 a 24.

Demansionamento
Una delle novità che ha fatto più discutere riguarda il demansionamento. Sarà possibile, in caso di ristrutturazione o di riorganizzazione aziendale oppure in altri casi previsti dai contratti, per le imprese variare le mansioni del lavoratore verso un livello più basso purché il trattamento economico resti lo stesso.

Fine dei contratti a progetto
A partire dal 2016 non potranno più essere stipulati contratti a progetto. Quelli in essere potranno continuare fino a scadenza. Ma dal primo gennaio del prossimo anno, a tutte le collaborazioni ''con contenuto ripetitivo ed etero-organizzate dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Niente più co.co.pro e co.co.co, insomma. Se un lavoratore farà effettivamente un lavoro subordinato non potrà avvalersi di forme atipiche. Le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi restano comunque permesse.

Nuovo sussidio di disoccupazione.
La riforma Fornero aveva introdotto lAspi come sussidio per la disoccupazione. Ora arriva una nuova assicurazione contro la disoccupazione: la Naspi. Chi perde il proprio impiego e ha versato contributi almeno 13 settimane negli ultimi 4 anni ha diritto a un sussidio pari alla metà delle settimane per cui sono stati versati i contributi. La Naspi è commisurata alla retribuzione ma non può superare i 1.300 euro. Dopo i primi quattro mesi si riduce del 3% al mese. Può durare al massimo 24 mesi ma è soggetta a una condizione: il disoccupato ha lobbligo di partecipare a progetti di riqualificazione professionale, pena la perdita del beneficio. Una novità è lintroduzione di un sussidio di disoccupazione anche per chi ha contratti di collaborazione.

Part time
Il Jobs Act introduce più flessibilità anche per quanto riguarda gli orari di lavoro. Le parti possono infatti stabilire clausole elastiche (che permettono lo spostamento della collocazione dell'orario di lavoro allinterno della giornata) o flessibili (che permettono la variazione in aumento dell'orario di lavoro nel part time verticale o misto).

Il contratto a tempo determinato e gli altri contratti
Chi pensava che il contratto a tempo determinato potesse essere eliminato si sbagliava. Il contratto a termine resta e conserva la sua durata massima di 36 mesi. Per il contratto di somministrazione è invece prevista si prevede un'estensione del campo di applicazione. Anche il job on call, o lavoro a chiamata, è confermato. Capitolo voucher: il tetto dell'importo per il lavoratore viene alzato da 5 a 7 mila euro, facendolo rimanere nei limiti della no tax area.

Congedo parentale: c’è più tempo
Chi vuole prendere il congedo parentale facoltativo (sei mesi in tutto) avrà tempo fino ai dodici anni vita del figlio. Ci sono quindi quattro anni in più, dal momento che a oggi letà massima del bambino è di 8 anni. Per venire incontro alle famiglie, inoltre, aumenta da tre a sei anni l'età entro cui il congedo facoltativo è retribuito parzialmente, cioè al 30%.
-

giovedì, gennaio 29, 2015

Jobs Act, c’è il rischio incostituzionalità?



Carinci: «Non estendere le norme anche al pubblico solleva dubbi, ma la vera contraddizione è che la riforma mantiene inalterate le tutele per chi è già assunto creando una nuova segmentazione del mercato del lavoro»

La scelta di non estendere le nuove norme sul licenziamento anche ai lavoratori pubblici e a chi è già assunto ha suscitato polemiche e dubbi: questo trattamento differenziato viola la Costituzione? Synforma lo ha chiesto a Maria Teresa Carinci, giurista e docente di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Milano

L’approvazione dei primi decreti legati al Jobs Act ha sollevato perplessità sulla legittimità costituzionale della riforma del mercato del lavoro firmata dal governo Renzi. La scelta di non estendere le nuove norme ai tre milioni e mezzo di dipendenti statali può creare una disparità di trattamento che confligge con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione (articolo 3)? E ancora, prevedere che il contratto unico a tutele crescenti si applichi solo ai neoassunti rischia di generare un nuovo “apartheid” tra vecchi e giovani? Abbiamo chiesto un parere alla giurista Maria Teresa Carinci, docente di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Milano.



Professoressa Carinci, c’è chi solleva dubbi sulla legittimità costituzionale del Jobs Act, in particolare del fatto che le nuove norme valgano soltanto per i lavoratori del settore privato. Condivide queste perplessità?
Il primo dato da considerare è che la riforma non parla espressamente di dipendenti pubblici. La legge del 2001 della cosiddetta “privatizzazione del lavoro pubblico” contiene una norma che estende ai lavoratori pubblici le discipline previste per i lavoratori privati, a meno che le leggi e i decreti delegati non specifichino espressamente che le norme si applicano solo ai lavoratori del settore privato.
Però, nel decreto che introduce la nuova disciplina relativa al licenziamento illegittimo, questa distinzione non è espressa. In sintesi, pubblico e privato sono stati sostanzialmente unificati, salvo in casi particolari che richiedono una disciplina specifica, come l’accesso al lavoro attraverso concorso pubblico. Dal momento che questa parificazione è prevista, per quale motivo i dipendenti pubblici devono essere tutelati più dei dipendenti privati? Questo aspetto solleva effettivamente dei dubbi di legittimità costituzionale.
A mio parere ciò che è previsto per i dipendenti privati doveva essere esteso anche a quelli pubblici. I giuristi che invece “difendono” la costituzionalità di questa norma fanno notare che all’articolo 1 del decreto approvato dal governo è scritto che la nuova tutela nel caso di licenziamento si applica ai “lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri” e che questa definizione è un tentativo di escludere i dipendenti pubblici. Infatti al pubblico impiego non è esteso l'articolo 2095 cc che appunto classifica i lavoratori in operai, impiegati e quadri. In ogni caso, è possibile che su questa materia la palla passerà alla magistratura.

C’è chi ha parlato di possibile violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione anche riguardo alla norma che prevede che il contratto a tutele crescenti si applica solo ai nuovi assunti. Qual è la sua posizione in merito?
Prevedere il nuovo regime più leggero solo per i neoassunti non presenta, a mio avviso, problemi di costituzionalità. È evidente che una legge regola solo i nuovi casi. Anche una recente sentenza della Corte costituzionale in materia di responsabilità solidale negli appalti che va in questa direzione. Ma sull’introduzione del contratto a tutele crescenti solleverei comunque un paio di obiezioni, che non hanno a che fare con la legittimità costituzionale.

Quali?
La prima domanda che mi pongo è: qual è la ratio della riforma? Nella legge delega è scritto che l’obiettivo del Jobs Act è rafforzare le opportunità di lavoro di chi è in cerca: se noi facciamo valere le nuove norme solo per i neoassunti e manteniamo uno zoccolo di forza lavoro occupata secondo le regole vigenti - i cosiddetti insider inamobivili - non favoriamo l’ingresso degli outsider. E dato che è escluso che la riforma in sé possa creare posti di lavoro è legittimo avere dubbi sul fatto che questa misura sia conforme alla volontà di fluidificare il mercato del lavoro. C’è chi ha detto che in questo modo una effettiva fluidificazione si possa avere solo nel giro di dieci anni.

Qual è la sua seconda obiezione?

Un altro scopo della riforma è eliminare il dualismo del mercato del lavoro tra chi è occupato a tempo pieno e chi invece va avanti con i contratti precari, in particolare i giovani. Tuttavia, a ben vedere, questa riforma segmenta nuovamente il mercato del lavoro. I nuovi assunti saranno prevalente giovani. Invece di essere assunti con altri contratti, saranno occupati tutti con il contratto a tutele crescenti, che è meno tutelato. La precarietà viene superata solo fino a un certo punto. Si tratta certamente di un contratto a tempo indeterminato ma è più blando, più flessibile.

Secondo lei è possibile che la Corte costituzionale, se venisse sollevata la questione di costituzionalità per alcuni aspetti del Jobs Act, si pronunci contro la riforma e li giudichi incostituzionali?
Credo che nessuno di questi profili verrà accolto dalla Corte: la riforma ha un notevole peso politico, a livello nazionale e a livello europeo. Non credo che la Consulta ne vorrà pregiudicare l'impatto.