La manovra di stabilità varata
dall’esecutivo Renzi prevede la possibilità, per i lavoratori che ne faranno
richiesta, di avere nel cedolino mensile i soldi accantonati per la
liquidazione. Che incidenza può avere questo intervento – qualora diventasse
legge – sulle aziende? Lo abbiamo chiesto a Tiziana Vettor, docente di Diritto
del lavoro all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
La legge di stabilità varata dal governo Renzi prevede che i lavoratori dipendenti del settore privato possano chiedere l’anticipo del Tfr in busta paga. A partire dal primo marzo 2015, su richiesta, il denaro destinato a essere accantonato per la liquidazione potrà finire nel cedolino mensile.
A patto che venga effettivamente approvata dal Parlamento, la misura andrebbe ad aumentare il reddito dei lavoratori che richiedessero l’anticipo e garantirebbe un gettito extra per le casse dello Stato in quanto le somme versate sarebbero tassate.
Ma quale sarebbe l’effetto di questo intervento per le imprese? Le aziende con meno di 50 dipendenti, che gestiscono autonomamente il Tfr dei propri lavoratori, andrebbero incontro a problemi di liquidità: le imprese italiane, soprattutto piccole, che dispongono delle risorse per anticipare le quote. Secondo una stima di Unimpresa, con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nella busta paga sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle Pmi.
Per compensare la liquidità in meno, il governo pensa alla creazione di un fondo, in cui sarebbero coinvolte la Cassa depositi e prestiti e le banche, a cui gli imprenditori possono attingere per anticipare le somme ai dipendenti. E il tasso di interesse a cui questo prestito verrebbe erogato dagli istituti di credito alle imprese sarebbe uguale a quello a cui si rivalutano annualmente le quote della liquidazione.
Ma è tutto così lineare? Lo abbiamo chiesto a Tiziana Vettor, professore di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Che effetti può avere sulle imprese l’anticipo in busta paga del Tfr?
L’anticipo del Tfr in busta paga crea un problema di liquidità per le imprese. E questo potrebbe tradursi in un rischio dal punto di vista della loro stabilità finanziaria.
La legge di stabilità varata dal governo Renzi prevede che i lavoratori dipendenti del settore privato possano chiedere l’anticipo del Tfr in busta paga. A partire dal primo marzo 2015, su richiesta, il denaro destinato a essere accantonato per la liquidazione potrà finire nel cedolino mensile.
A patto che venga effettivamente approvata dal Parlamento, la misura andrebbe ad aumentare il reddito dei lavoratori che richiedessero l’anticipo e garantirebbe un gettito extra per le casse dello Stato in quanto le somme versate sarebbero tassate.
Ma quale sarebbe l’effetto di questo intervento per le imprese? Le aziende con meno di 50 dipendenti, che gestiscono autonomamente il Tfr dei propri lavoratori, andrebbero incontro a problemi di liquidità: le imprese italiane, soprattutto piccole, che dispongono delle risorse per anticipare le quote. Secondo una stima di Unimpresa, con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nella busta paga sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle Pmi.
Per compensare la liquidità in meno, il governo pensa alla creazione di un fondo, in cui sarebbero coinvolte la Cassa depositi e prestiti e le banche, a cui gli imprenditori possono attingere per anticipare le somme ai dipendenti. E il tasso di interesse a cui questo prestito verrebbe erogato dagli istituti di credito alle imprese sarebbe uguale a quello a cui si rivalutano annualmente le quote della liquidazione.
Ma è tutto così lineare? Lo abbiamo chiesto a Tiziana Vettor, professore di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Che effetti può avere sulle imprese l’anticipo in busta paga del Tfr?
L’anticipo del Tfr in busta paga crea un problema di liquidità per le imprese. E questo potrebbe tradursi in un rischio dal punto di vista della loro stabilità finanziaria.
Il fatto di poter fare
affidamento su finanziamenti ad hoc del canale bancario risolve il problema di
anticipare le somme? I 5,5 miliardi di liquidità che – secondo alcune stime –
sarebbero a rischio non verrebbero compensati da questo strumento?
Per rispondere a questa domanda, intanto occorrerà verificare quanti lavoratori, una volta entrata in vigore la legge di stabilità per l’anno 2015, decideranno di usufruire della possibilità dell’anticipo in busta paga del Tfr. A meno di pensarli tutti interessati a realizzare un maggior incremento retributivo, chi lavora potrebbe avere invece interesse a mantenere una retribuzione indiretta a fine rapporto di lavoro quale forma di risparmio. Quanto alle imprese, il fatto di poter contare su finanziamenti ad hoc del canale bancario costituisce, a oggi, una mera enunciazione. Occorrerà vedere che accordi saranno fatti con le rappresentanze degli istituti bancari e capire che disposizioni ci saranno in merito alle risorse a disposizione: i 100 milioni di euro di cui si parla. Quello che sembra probabile è che le imprese potranno accedere a un prestito a condizioni di favore. Ma per quanto “favorito”, sempre di prestito si tratta. In altre parole, se oggi l’impresa poteva gestire una liquidità decidendo in proprio, domani, su questi aspetti, interverrà un soggetto terzo – le banche – secondo modalità e condizioni al momento tutte da definire.
Per rispondere a questa domanda, intanto occorrerà verificare quanti lavoratori, una volta entrata in vigore la legge di stabilità per l’anno 2015, decideranno di usufruire della possibilità dell’anticipo in busta paga del Tfr. A meno di pensarli tutti interessati a realizzare un maggior incremento retributivo, chi lavora potrebbe avere invece interesse a mantenere una retribuzione indiretta a fine rapporto di lavoro quale forma di risparmio. Quanto alle imprese, il fatto di poter contare su finanziamenti ad hoc del canale bancario costituisce, a oggi, una mera enunciazione. Occorrerà vedere che accordi saranno fatti con le rappresentanze degli istituti bancari e capire che disposizioni ci saranno in merito alle risorse a disposizione: i 100 milioni di euro di cui si parla. Quello che sembra probabile è che le imprese potranno accedere a un prestito a condizioni di favore. Ma per quanto “favorito”, sempre di prestito si tratta. In altre parole, se oggi l’impresa poteva gestire una liquidità decidendo in proprio, domani, su questi aspetti, interverrà un soggetto terzo – le banche – secondo modalità e condizioni al momento tutte da definire.
E se le aziende che
chiedono i prestiti versassero in condizioni difficili? Il fondo speciale di
garanzia che sarebbe istituito presso la Cassa depositi e prestiti e le banche
sarebbe sufficiente?
Sarebbe meglio che le risorse della Cdp fossero stanziate per fare quegli investimenti strutturali che potrebbero rendere dinamica la nostra economia. Invece, in via generale, in queste nuove disposizioni sembra di intravvedere un cambio di prospettiva, che mi sembra il vero elemento di novità: se prima si chiedeva, o si auspicava, l’accesso al credito per realizzare investimenti utili alla crescita, oggi la richiesta di liquidità sembra finalizzata soltanto a compensare situazioni di crisi.
Sarebbe meglio che le risorse della Cdp fossero stanziate per fare quegli investimenti strutturali che potrebbero rendere dinamica la nostra economia. Invece, in via generale, in queste nuove disposizioni sembra di intravvedere un cambio di prospettiva, che mi sembra il vero elemento di novità: se prima si chiedeva, o si auspicava, l’accesso al credito per realizzare investimenti utili alla crescita, oggi la richiesta di liquidità sembra finalizzata soltanto a compensare situazioni di crisi.
Nella legge sarebbe
previsto che le aziende con meno di 50 dipendenti debbano versare all’Inps
comunque un “contributo mensile pari allo 0,2% della retribuzione imponibile ai
fini previdenziali nella stessa percentuale della quota maturanda” che viene
liquidata ai dipendenti. Cosa significa? Cosa cambierebbe rispetto alla
situazione attuale?
Rispetto a prima, sembrerebbe che le imprese debbano versare all’Inps lo 0,2% della retribuzione imponibile nel caso in cui non intendano corrispondere con risorse proprie la quota maturanda del Tfr ma decidano di accedere a un finanziamento. Tale disposizione parrebbe quindi finalizzata a garantire le risorse economiche in caso di finanziamento assistito. Insomma, il datore di lavoro paga una quota a garanzia per l’anticipo del Tfr in busta paga. Salvo modifiche che potranno intervenire nella discussione parlamentare, è, questo, un punto che apre a dei costi, benché motivati dalla necessità del prestito.
Rispetto a prima, sembrerebbe che le imprese debbano versare all’Inps lo 0,2% della retribuzione imponibile nel caso in cui non intendano corrispondere con risorse proprie la quota maturanda del Tfr ma decidano di accedere a un finanziamento. Tale disposizione parrebbe quindi finalizzata a garantire le risorse economiche in caso di finanziamento assistito. Insomma, il datore di lavoro paga una quota a garanzia per l’anticipo del Tfr in busta paga. Salvo modifiche che potranno intervenire nella discussione parlamentare, è, questo, un punto che apre a dei costi, benché motivati dalla necessità del prestito.