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lunedì, dicembre 22, 2014

Daverio (giuslavorista, studio legale Daverio&Florio): «Il demansionamento introdotto dal Jobs Act? Funziona solo se lascia margini di libertà all’impresa. Anche di proporre al dipendente un compenso più basso»



Nella legge delega sul mercato del lavoro approvata dal Parlamento è previsto che sia più facile per l’imprenditore cambiare le mansioni a un lavoratore in casi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Ma c’è il rischio di abusi? Può essere efficace se obbliga l’azienda a non modificare il compenso? Alle domande di Synforma risponde l’avvocato Fabrizio Daverio, esperto di diritto del lavoro: «Se il cambio di mansione serve solo a evitare un licenziamento, allora la giurisprudenza attuale è già sufficiente. Non servono modifiche»


Nel Jobs Act è prevista un modifica delle norme relative al demansionamento dei lavoratori. Il Parlamento ha delegato il governo a regolamentare in modo nuovo questa materia permettendo ai datori di lavoro, nei casi di «riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale», di “abbassare” le mansioni dei propri dipendenti nell’ottica di un «utile impiego del personale».

Allo stesso tempo, la modifica dell’inquadramento di chi lavora deve avvenire – si legge nel testo della delega – nell’«interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche».

In sostanza, la riforma del mercato del lavoro dell’esecutivo consente alle aziende di ricorrere con più facilità al demansionamento come alternativa al licenziamento. Ma al contempo la legge sembra stabilire che la decisione deve essere presa senza danno economico per il lavoratore, ovvero mantenendo inalterato il compenso.

In attesa di sapere come verrà attuata la norma attraverso i decreti delegati, questa modifica ha suscitato non pochi dubbi. Da una parte, c’è chi teme che le aziende possano abusare di questa opzione per ridimensionare il costo del personale. Dall’altra, c’è chi sostiene che un intervento del genere non ha senso se si impone al datore di lavoro di mantenere inalterato il trattamento economico del lavoratore. Anche perché già è possibile, in determinati casi, ricorrere a questa possibilità per scongiurare l’interruzione di un rapporto di lavoro.

Abbiamo chiesto un parere sull’argomento all’avvocato Fabrizio Daverio, giuslavorista e socio fondatore dello studio legale Daverio&Florio.

Avvocato, cosa cambia con le nuove norme sul demansionamento?
È importante fare una premessa: il Jobs Act è una legge delega che attribuisce al governo la possibilità di emanare norme dettagliate sulla base di principi generali. Quindi, ogni considerazione puntuale può essere fatta solo davanti ai decreti legislativi che saranno emanati. Detto ciò, l’indicazione che dà la legge delega è molto generica. L’idea è di consentire un più flessibile cambio di mansioni in presenza di motivazioni particolari. In Italia, la norma sulla dequalificazione – l’articolo 2103 del codice civile – è troppo rigida: non si può cambiare di mansione un lavoratore se non dandogli un’altra di pari valore. La delega va invece in un’altra direzione: quella di consentire, in casi di riorganizzazione aziendale o in altre situazioni delicate, la modifica delle mansioni per scongiurare l’ipotesi peggiore, ovvero la risoluzione del rapporto di lavoro.

Però anche prima di questa norma si poteva derogare al divieto di demansionamento.
La norma vigente è rigorosissima e non consente alcuna deroga. È stata la giurisprudenza ad ammettere la deroga solo nei casi in cui si trattava di salvare il posto di lavoro. E  a condizione che il lavoratore fosse d’accordo.

A suo parere c’è il rischio che questa norma generi abusi da parte delle imprese?
Molto dipenderà dalla norma dettagliata emanata dal governo. Senza dubbio la norma potrebbe dare maggiore elasticità e flessibilità al datore di lavoro. Potrebbe consentire un cambio di mansione anche al di là del limite dell’equivalenza.

Però pare che sarà a parità di stipendio. Nel testo si legge «tutela delle condizioni di vita ed economiche»…
Faccio un esempio volutamente estremo. Se per esempio la posizione lavorativa di un quadro non fosse più disponibile per necessità organizzative e fosse disponibile solo la posizione di operaio, non avrebbe senso un quadro retribuito con il compenso da quadro ,a con una posizione da operaia. Il rischio che la norma perda di efficacia c’è. Secondo me bisogna lasciare la possibilità di negoziare il compenso al libero accordo delle parti, magari davanti alla direzione del lavoro o in sede sindacale. 


In sintesi, sempre basandosi sul testo della legge delega, la trova una novità positiva?
Se verrà applicata solo ai casi in cui si tratta di salvare i posti di lavoro allora è gia sufficiente la giurisprudenza che abbiamo. L’elemento di novità sarebbe molto scarso. Se invece consentirà anche maggiore flessibilità, a prescindere dai casi in cui si evita il licenziamento, e darà ampia liberta alle parti di modulare le intese a seconda dei casi senza escludere la rivisitazione del trattamento economico, allora sarà un ulteriore contributo di ammodernamento della normativa vigente.

2 commenti:

  1. Riguardo al Jobs Act, ritengo molto più valido questo commento (basato su una letteratura scientifica): http://memmt.info/site/il-jobs-act-non-creera-neanche-mezzo-posto-di-lavoro/

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  2. Osservazioni corrette ma esperienza insegna che, se una norma può avere efficacia solo se lasciata alla libera trattativa tra le parti, nel mercato del lavoro la parte soccombente è sempre quella dipendente in quanto più debole dal punto di vista negoziale.

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