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lunedì, giugno 01, 2015

Garanzia Giovani un anno dopo, il bilancio dei primi 12 mesi

Il piano europeo per combattere la disoccupazione giovanile e il fenomeno dei Neet non ha ancora prodotto i risultati sperati: il numero delle registrazioni (circa 600 mila) è ancora distante dalla platea potenziale (2,2 milioni), molti ragazzi non hanno ancora sostenuto il primo colloquio e le offerte di lavoro o tirocinio concrete sono ancora poche. Il ministro Poletti si ritiene comunque soddisfatto per i numeri raggiunti, ma le opinioni degli under 30 raccolte attraverso il monitoraggio informale realizzato da Repubblica degli Stagisti e Adapt non sono sulla stessa lunghezza donda

Garanzia Giovani ha compiuto il suo primo compleanno l’1 maggio. A un anno (e qualche settimana) dal suo esordio, quale bilancio si può trarre del programma finanziato dall’Unione europea per combattere la disoccupazione giovanile e il fenomeno dei Neet?

Al 28 maggio 2015, le registrazioni al programma erano 595 mila (517 mila al netto delle cancellazioni e degli annullamenti da parte dei candidati). Si tratta di una cifra ancora distante da quei 2,2 milioni di ragazzi che, stando a quanto riportato dal governo nel piano di attuazione della Youth Guarantee, ricadono nel bacino dei Neet.

Le prese in carico da parte dei servizi per l’impiego sono circa la metà, 322 mila, e 101 mila sono gli under 30 a cui è stata proposta almeno una misura.


Dal report settimanale pubblicato dal Ministero del Lavoro sappiamo anche che i registrati sono per metà uomini (51%) e per metà donne (49%) e che più della metà dei ragazzi iscritti alla Youth Guarantee appartengono alla fascia d’età 19-24 anni.

Quanto alle opportunità di lavoro, i numeri sono molto meno ampi. Dall’inizio del progetto a oggi sono 56 mila, per un totale di circa 80 mila posti disponibili, di cui risultano attive attualmente 8.801 vacancy (12.147 posti a disposizione).

Dati alla mano, non sembrerebbe finora un successo, soprattutto se si guarda alla sproporzione tra il numero dei registrati e le poche effettive chance lavorative proposte nonostante per le aziende siano previsti bonus occupazionali per le nuove assunzioni e incentivi per l’attivazione di tirocini.

Secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, un anno dopo l’inizio del programma il bilancio non è negativo. “Ci sono ampi margini di miglioramento ma posso ritenermi soddisfatto degli obiettivi raggiunti: avere 550 mila giovani che si sono registrati (il numero al primo maggio 2015, ndr) è un risultato non banale. E il fatto che dopo dodici mesi continuino a registrarsi 10/15 mila giovani al mese è per me una grande soddisfazione”, ha detto.

Tuttavia, a sentire i diretti protagonisti, i punti di vista sono ben diversi. Gli umori dei circa 3 mila ragazzi tra i 15 e i 29 anni che hanno risposto al monitoraggio informale online realizzato, tra l'ottobre 2014 e il marzo 2015, dalla testata giornalistica Repubblicadeglistagisti.it e il centro studi Adapt, non sempre sono positivi. Anzi.

La metà di questo campione (non statisticamente rilevante ma pur sempre rappresentativo delle esperienze e delle opinioni dei ragazzi in merito alla Garanzia Giovani), quando ha compilato il questionario, non era stata contattata per il colloquio da parte dei centri per l’impiego.

Se la risposta delle istituzioni è lenta rischia di generare una doppia frustrazione in quei ragazzi che hanno visto nel programma un motivo di speranza ma verificano sulla loro pelle che non risponde alle loro aspettative.

Tra quelli che hanno effettuato il primo colloquio conoscitivo, solo uno su quattro (il 24%) è stato richiamato per valutare insieme agli operatori dei servizi per l’impiego le proposte concrete a disposizione.

In più, la maggioranza degli under 30 (il 44%) che hanno sostenuto il primo colloquio afferma di aver ricevuto una proposta generica di lavoro o di uno stage futuro mentre il 39% riferisce di non aver ricevuto nessuna proposta concreta.

Se ci si distacca per un attimo dai dati e si passa ad ascoltare le esperienze, emergono alcuni casi poco incoraggianti. Dal ragazzo che racconta che durante il colloquio si è limitato a “inserire i dati del proprio cv allinterno di un computer” alla giovane che afferma che il personale del centro per l’impiego “non ha voluto ascoltare le mie esperienze o chiedermi il campo in cui avrei voluto fare lo stage”.

In base a quanto emerge dai dati e dalle risposte del monitoraggio informale, finora il progetto non ha ancora avuto un coordinamento allaltezza degli obiettivi iniziali. Ogni regione decide autonomamente se affidare le prime fasi del piano a strutture pubbliche o ad agenzie per il lavoro.

Chi è riuscito a ottenere una proposta concreta si è trovato spesso davanti a offerte di stage, con rimborsi di 400 euro mensili, che in alcuni casi non sono stati ancora erogati dall’INPS (l’ente che ha il compito di erogarli) anche dopo la fine del periodo di tirocinio. E, come ha messo in evidenza il programma tv Piazza Pulita, capita di frequente che i ragazzi presi per effettuare stage finiscano a fare mansioni lavorative normali.

Se poi si prende come punto di riferimento la galassia dei Neet, la categoria per cui è stato ideato il piano, allora lesito è ancora meno confortante perché, secondo il monitoraggio Rds-Adapt, solo il 17% di loro si è iscritto al programma.

venerdì, maggio 22, 2015

Regno Unito, le opportunità per gli infermieri sono almeno 3.000 (e c’è chi dice oltre 100 mila)


In Inghilterra le chance per chi svolge professioni infermieristiche sono numerosissime, anche se le cifre sulle posizioni aperte non sono univoche. Per farsi assumere, c’è chi sceglie di farsi selezionare già nel proprio Paese attraverso le agenzie per il lavoro e chi invece prova a farsi strada autonomamente. I salari di partenza sono di circa 22 mila sterline allanno (circa 30 mila euro)


Fino a qualche anno fa era una delle professioni più richieste in Italia. Studiare per diventare infermiere significava, nella maggioranza dei casi, garantirsi un lavoro. Ora non è più così: anche nel nostro Paese è diventato difficile trovare unoccupazione.

Ma ci sono Paesi europei in cui le opportunità di impiego per queste figure professionali non mancano perché lofferta è ben inferiore alla domanda. Uno di questi Paesi è il Regno Unito, dove centinaia - e a volte migliaia - di professionisti italiani vengono assunti ogni anno per andare a lavorare in ospedali, cliniche e strutture mediche di vario tipo.

Sul numero delle offerte di lavoro Oltremanica per infermieri, esistono riferimenti molto contrastanti. Dalla Government's Shortage Occupations List, ovvero lelenco delle posizioni lavorative aperte nei vari settori produttivi compilato dal governo britannico nel sito visabureau.com, emerge che tra infermieri di vario genere, infermieri da sala operatoria e specialisti per la terapia intensiva dei neonati, al 20 maggio risultano 3.211 vacancy.

Ufficialmente, quindi, c’è posto per più di tremila persone. Ma se si guarda ad altre fonti, non governative, le disponibilità risultano essere molte di più. Stando ad alcune stime recenti, ci saranno almeno 20 mila nuove assunzioni nel sistema britannico fino a fine 2016.

Secondo il popolare sito di annunci di lavoro Adzuna.co.uk, molto frequentato proprio per le professioni relative allhealthcare, sarebbero oltre 126 mila le offerte legate allattività infermieristica di vario genere.

Certo, c’è la probabilità che più di qualche annuncio contenga la stessa proposta di lavoro da parte delle aziende. Ma il dato resta comunque impressionante e dà lidea di quanto il Regno Unito abbia bisogno di profili di questo tipo.


Non a caso, alcune indagini recenti suggeriscono che almeno un infermiere su cinque in Inghilterra viene dallestero. In particolare da Spagna, Portogallo e Filippine. Ma anche lItalia, come detto, non è da meno.

Con salari che partono da 22 mila sterline allanno (circa 30 mila euro), ma che possono crescere con lesperienza fino a raggiungere picchi di 100 mila sterline annue (circa 140 mila euro), è comprensibile che le opportunità, quasi sempre full time e a tempo indeterminato, risultino attraenti.

Il recruiting avviene sostanzialmente in due modi. In molti casi, il primo processo di selezione viene effettuato, da parte di alcune agenzie per il lavoro (tra cui, in Italia, Synergie), direttamente nei Paesi di provenienza degli infermieri.

Questa modalità consente normalmente di affrontare il trasferimento e lesperienza lavorativa in Gran Bretagna con meno difficoltà pratiche e burocratiche.

Scegliendo questa via, spesso i neoassunti ricevono un aiuto nel cercare un alloggio e vengono agevolati nel percorso di iscrizione allNMC (Nursing and Midwifery Council), l'autorità di regolamentazione per le professioni infermieristiche e ostetriche in Gran Bretagna che si occupa soprattutto dellaggiornamento professionale degli infermieri.

Laltra opzione è quella di recarsi in Inghilterra, iscriversi autonomamente allNMC e rispondere a vari annunci. Di solito, i requisiti per candidarsi a queste offerte, oltre ovviamente alla laurea in scienze infermieristiche, sono la conoscenza dellinglese almeno a livello medio (B1) e appunto linizio del processo di iscrizione al Nurse and Midwifery Council.

lunedì, maggio 18, 2015

Doityo, ecco l’app per condividere (e trovare) lavoro a km zero




Davide Alfano, imprenditore edile di 51 anni, ha ideato unapplicazione che consente, attraverso il meccanismo della geolocalizzazione, di far incontrare nello stesso quartiere o nella stessa zona persone che hanno bisogno di manodopera di vario tipo (idraulici, imbianchini, baby sitter e così via) e lavoratori disposti a eseguire quei lavoretti. Lidea di fondo è la condivisione sociale del lavoro: chi deve assegnare un incarico, privilegia chi gli è vicino ed è più in difficoltà”


Nellepoca della sharing economy, anche il lavoro si può condividere. Ed è giusto condividerlo in modo solidale con le persone che ci vivono accanto e che ne hanno necessità. È stata questa la molla che ha spinto Davide Alfano, imprenditore edile di 51 anni, a ideare Doityo (abbreviazione di do-it-yourself, ovvero fai da te), unapp che permette di far incontrare, nello stesso quartiere o nella stessa area, chi è disposto a fare lavori e lavoretti di vario tipo (idraulici, imbianchini, baby sitter, elettricisti, insegnanti per lezioni private, camerieri e così via) con chi ha bisogno di quelle prestazioni. In altre parole, unapp per trovare lavoro a km zero.

Grazie al meccanismo della geolocalizzazione, che copre un raggio di 60 km dal posto in cui si effettua la ricerca, chi si offre per un lavoro e vive più vicino al richiedente ha più possibilità di essere scelto rispetto ai lavoratori che vivono più distanti. Doityo non è una normale bacheca online con annunci di lavoro, dice a Synforma lideatore Davide Alfano.

Serve a facilitare gli incontri. Chi vuole trovare unoccupazione - per ora non si tratta di lavori che prevedono unassunzione ma stiamo lavorando per andare in quella direzione - si iscrive, inserisce i suoi dati, le sue competenze, spiega perché si iscrive e ha finito: il suo profilo finisce sulla piattaforma e può essere visualizzato da chi è in cerca di persone pronte a fare determinati lavori

Lapp individua diverse categorie di lavoro e ognuno, a prescindere dalla sua formazione e dalla sua carriera professionale, può candidarsi per tre settori. Lidea con cui è nato Doityo - spiega Alfano - è quella di stimolare lautoimprenditorialità, fare in modo che chi è disoccupato o ha difficoltà nel mondo del lavoro usi questa chance per rimettersi in gioco. E dallaltra parte, in base a quel concetto che io chiamo condivisione solidale del lavoro, chi ha bisogno di qualcuno che gli faccia un lavoro dovrebbe privilegiare chi gli sta intorno e chi ha più voglia di rimettersi in gioco.

In altre parole, lapp, disponibile in quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco), consente ai richiedenti di vedere, tra chi è disponibile per svolgere un certo compito, chi è più vicino. Si può lanciare lofferta e chi la riceve può candidarsi.

A quel punto, quando il datore di lavoro ha scelto il lavoratore, a tutti gli altri arriva una notifica che li informa del fatto che il lavoro è stato assegnato.

Chi assegna il lavoro è anche libero di vedere a uno a uno i profili disponibili per un certo tipo di intervento e di inviare la propria offerta soltanto a uno. E per orientarsi nella decisione, lapp offre anche un sistema di recensioni in base a cui i committenti possono dare un punteggio alle prestazioni in modo da creare un network tra i profili fondato su fiducia e capacità riconosciute.

Nel profilo c’è anche unagenda settimanale, in cui ogni professionista può indicare le proprie disponibilità”, precisa il fondatore. Così non c’è il rischio che qualcuno contatti lavoratori già impegnati altrove.

Al momento, a Doityo, che è un progetto autofinanziato, lavorano 3 persone. Il mercato di riferimento è lItalia, in cui il servizio è stato lanciato il primo maggio. In due settimane sono stati circa tremila gli iscritti, in varie parti del Paese, soprattutto in Lombardia e Lazio.

Sì, ma cosa ci guadagna lapp? Chi riceve il lavoro, al momento dellaccettazione, paga alla piattaforma un certo numero di crediti a seconda del tipo di incarico e del compenso che riceverà: i crediti - allinizio ogni iscritto ne riceve gratuitamente 50 - sono poi acquistabili a basso costo, per nuovi lavori, attraverso lapplicazione. Se un mezzo facilita la possibilità di trovare lavoro è giusto che venga ripagato con una piccola ricompensa.

Ma Alfano non esclude cambi di business model in corsa. A seconda dei risultati che otterremo con la piattaforma potremmo anche pensare di regalare i crediti a chi lavora e di monetizzare in modi diversi.