Il personal branding, ovvero
la cura e la promozione della propria identità professionale online (ma anche offline), è
diventato uno strumento fondamentale per trovare lavoro,
soprattutto nell’ambito
delle professioni creative. Per capire meglio perché
è
importante abbiamo sentito Francesca Parviero, un’esperta di risorse umane molto
attenta alle dinamiche dei social media e del mondo digitale.
Francesca lavora come consulente per le aziende che vogliono sviluppare progetti digitali in ambito HR e dal 2012 collabora con LinkedIn come official talent partner.
Francesca, cosa significa “personal branding”? Qual è la definizione che daresti a quest’attività?
Francesca lavora come consulente per le aziende che vogliono sviluppare progetti digitali in ambito HR e dal 2012 collabora con LinkedIn come official talent partner.
Francesca, cosa significa “personal branding”? Qual è la definizione che daresti a quest’attività?
È quella dinamica, anche implicita, che ciascuno di noi
attiva nel proprio target di riferimento quando persuadiamo il nostro “pubblico”, eticamente, a proposito di ciò
che possiamo fare per loro. Si tratta del modo in cui
comunichiamo online chi siamo e cosa possiamo fare.
Cosa intendi per “eticamente”?
Comunicare in modo significa far arrivare a tutti chi sei senza dire bugie e senza virtuosismi da “overselling”. Le balle, in rete, vengono identificate facilmente.
Come si coltiva il personal branding?
Cosa intendi per “eticamente”?
Comunicare in modo significa far arrivare a tutti chi sei senza dire bugie e senza virtuosismi da “overselling”. Le balle, in rete, vengono identificate facilmente.
Come si coltiva il personal branding?
Si possono fare una serie di
esercizi, anche offline, in modo da far emergere ciò
che si sa fare, capire per chi lo si fa e in che termini si
cambia qualcosa nelle persone per cui lo si fa. Il focus del personal branding
deve essere sempre quello di far capire ciò che ciascuno può muovere. Si tratti di emozioni, numeri e budget.
Che regole si devono seguire?
Che regole si devono seguire?
Proviamo a identificarne qualcuna. La
prima è la
chiarezza. La prima domanda che ognuno dovrebbe porsi per curare il proprio
personal branding è: se qualcuno
mi cerca online riesce a capire chi sono e che tipo di professionalità
ho? Ecco perché la chiarezza è importante. Bisogna far comprendere ciò
che si sa fare meglio e che impatto ha questa competenza
sul proprio potenziale target.
Essere chiari, quindi. E poi?
La seconda regola è differenziarsi, far emergere le proprie caratteristiche. Bisognerebbe chiedersi: perché dovrebbero scegliere me? E a quel punto occorre regolarsi di conseguenza, ma senza inventarsi niente. Bisogna imparare a darsi sostanza. È questo che genera opportunità.
Essere chiari, quindi. E poi?
La seconda regola è differenziarsi, far emergere le proprie caratteristiche. Bisognerebbe chiedersi: perché dovrebbero scegliere me? E a quel punto occorre regolarsi di conseguenza, ma senza inventarsi niente. Bisogna imparare a darsi sostanza. È questo che genera opportunità.
Concretamente come ci si differenzia?
Bisogna mettere in luce le proprie parole chiave, in tutte le informazioni che ci sono online, dalle bio alle descrizioni su Twitter. Anche qui, c’è una domanda da porsi: con quali parole cercherebbero una professionalità come la mia? E a quel punto bisogna inserire quelle keywords in tutte le proprie descrizioni online.
Bisogna mettere in luce le proprie parole chiave, in tutte le informazioni che ci sono online, dalle bio alle descrizioni su Twitter. Anche qui, c’è una domanda da porsi: con quali parole cercherebbero una professionalità come la mia? E a quel punto bisogna inserire quelle keywords in tutte le proprie descrizioni online.
Chiarezza, differenziazione, parole
chiave. Cosa si può aggiungere?
C’è un altro aspetto importantissimo. Se si parla di personal branding online, si parla essenzialmente di social media e di reti sociali. E le reti funzionano quando le persone fanno interazioni. Quindi, prima di chiedersi “quali opportunità mi sono arrivate dagli altri?” bisognerebbe porsi la domanda opposta: “quali opportunità ho favorito agli altri?”. E cominciare a favorirle. Così come nella vita offline, non puoi chiedere se non hai mai dato a nessuno. Un esempio? Prima di chiedere recommendation su LinkedIn, cominciamo a darle. Solo con un comportamento virtuoso si può generare un comportamento virtuoso. Ma attenzione: non bisogna fare qualcosa aspettandosi subito qualcosa in cambio. Bisogna farlo perché il meccanismo di networking funziona così e solo alimentandolo può portare frutti.
Ma alla fine che importanza ha il personal branding nella ricerca di lavoro?
C’è un altro aspetto importantissimo. Se si parla di personal branding online, si parla essenzialmente di social media e di reti sociali. E le reti funzionano quando le persone fanno interazioni. Quindi, prima di chiedersi “quali opportunità mi sono arrivate dagli altri?” bisognerebbe porsi la domanda opposta: “quali opportunità ho favorito agli altri?”. E cominciare a favorirle. Così come nella vita offline, non puoi chiedere se non hai mai dato a nessuno. Un esempio? Prima di chiedere recommendation su LinkedIn, cominciamo a darle. Solo con un comportamento virtuoso si può generare un comportamento virtuoso. Ma attenzione: non bisogna fare qualcosa aspettandosi subito qualcosa in cambio. Bisogna farlo perché il meccanismo di networking funziona così e solo alimentandolo può portare frutti.
Ma alla fine che importanza ha il personal branding nella ricerca di lavoro?
Parto dalla mia esperienza personale:
fare personal branding ha generato molte opportunità di lavoro che non avevo neanche
immaginato e che non mi aspettavo. In sintesi: è un modo efficace per incontrare possibilità
impreviste. Raccontarsi online non significa raccontare
solo una parte di se stessi ma comunicarsi nella propria interezza. Emerge il
modo in cui fai le cose, il modo in cui ti differenzi dagli altri. Anche senza
porsi un obiettivo preciso, si può generare interesse in molte persone. E da questo interesse
scaturiscono contatti e opportunità di lavoro.
Ci fai qualche esempio?
Io stessa, per il semplice fatto che curavo un blog, una volta sono stata accolta in un’azienda quasi come una rockstar. Chi lavorava lì mi diceva: qui in ufficio ti seguiamo tutti. Eppure, io non avevo la percezione, come blogger, dell’interesse che potevo creare in alcune persone. Oppure, per fare esempi più noti, posso citare quegli imprenditori che associano il proprio nome all’azienda facendo in modo che il proprio brand personale desse risalto a quello aziendale. Un nome? Oscar Farinetti di Eataly. Ha costruito un’ottima rete di relazioni, non solo online. La utilizza e la spende benissimo. Fa conoscere persone al pubblico, parla bene degli altri. Leggendo i suoi libri si viene a sapere di molte persone che lavorano con lui. È così che si fa rete. Questo è un ottimo modo di fare personal branding.
Ci fai qualche esempio?
Io stessa, per il semplice fatto che curavo un blog, una volta sono stata accolta in un’azienda quasi come una rockstar. Chi lavorava lì mi diceva: qui in ufficio ti seguiamo tutti. Eppure, io non avevo la percezione, come blogger, dell’interesse che potevo creare in alcune persone. Oppure, per fare esempi più noti, posso citare quegli imprenditori che associano il proprio nome all’azienda facendo in modo che il proprio brand personale desse risalto a quello aziendale. Un nome? Oscar Farinetti di Eataly. Ha costruito un’ottima rete di relazioni, non solo online. La utilizza e la spende benissimo. Fa conoscere persone al pubblico, parla bene degli altri. Leggendo i suoi libri si viene a sapere di molte persone che lavorano con lui. È così che si fa rete. Questo è un ottimo modo di fare personal branding.
Tu ti occupi anche di percorsi specifici per donne. C’è un personal branding al femminile?
Per le donne ho pensato a She Factor, un percorso di sviluppo delle proprie competenze legato al personal branding. Non è che le donne abbiano bisogno di fare personal branding in modo specifico. Di fatto, però, è nell’indole delle donne parlare di sé dal punto di vista professionale. Noi donne pecchiamo di scarsa valorizzazione delle nostre competenze, tendiamo a restare dietro le quinte. Già le posizioni di vertice e di responsabilità per le donne sono sempre di meno, anche a causa di una cultura che penalizza ancora le donne. Le donne quindi non dovrebbero contribuire a creare questo clima valorizzandosi. Così, è nato questo percorso online, che coinvolge 1.300 donne in tutta Italia, ma anche all’estero, in cui si condividono stimoli, riflessioni ed esercizi pratici a partire dal personal branding. È un modo per prendere consapevolezza di sé. Sperando che in un secondo momento si possa fare un percorso comune, con gli uomini, in cui fare progetti insieme e aiutarli a comprendere bene da dove partono le discriminazioni che penalizzano l’identità e la professionalità delle donne.
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