La riforma del mercato del lavoro introduce una norma che ammorbidisce il divieto di controllare i lavoratori a distanza e permette di sorvegliare con telecamere e altre apparecchiature quanto avviene ai macchinari e nei reparti, senza riprendere direttamente il singolo dipendente. Considerate le evoluzioni tecnologiche, non è comunque un rischio per la riservatezza di chi lavora?
Il divieto di sorvegliare a distanza una persona che lavora
era sancito già nello Statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970). L’articolo è
il 4: «È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori». L’unica
eccezione prevista riguardava gli impianti «richiesti da esigenze organizzative
e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la
possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori». L’azienda
poteva sì installarli ma soltanto dopo aver stretto un accordo con le
rappresentanze sindacali.
In altre parole, la privacy del lavoratore sul posto di lavoro è sacra. E per quanto possa avanzare la tecnologia, non ci deve essere strumento che vada a indagare, in assenza di un supervisore, l’operato di un dipendente. Ma quello che fino a ieri sembrava un principio intoccabile, oggi è messo in discussione al pari degli altri tabù in materia di lavoro, come l’articolo 18, infranti dagli ultimi esecutivi.
Il governo Renzi, nell’ambito del Jobs Act, intende infatti introdurre dei meccanismi utili a verificare l’operatività e la produttività in azienda dei dipendenti. Per questo, ha in programma di rivedere la disciplina dei controlli a distanza dei lavoratori attraverso strumenti telematici, telecamere e altre apparecchiature.
Il testo iniziale, approvato in Senato il 9 ottobre, conteneva una non meglio specificata «revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore».
Per maggiore chiarezza, l’ala del Partito democratico più critica sul Jobs Act ha richiesto di specificare nel prossimo testo che i controlli, in assenza di un accordo sindacale, non possono riguardare i singoli lavoratori ma solo i reparti, gli impianti e i macchinari.
Anche con una formulazione del genere, alcuni dubbi però restano. Un’apparecchiatura audiovisiva in grado di controllare un macchinario non è altrettanto capace di supervisionare, indirettamente, l’attività del dipendente che con quel macchinario ci lavora? La privacy di chi lavora non rischierebbe di essere comunque compromessa?
La disposizione, inoltre, fa riferimento ai reparti. Si potrebbe quindi ipotizzare la presenza di telecamere che riprendono dall’alto l’attività di un’area produttiva. Per quanto l’impianto di videoregistrazione sia posizionato in alto e a distanza dal singolo lavoratore, non è possibile che sia in grado comunque di filmare tutto ciò che un dipendente fa sul posto di lavoro?
In altre parole, la privacy del lavoratore sul posto di lavoro è sacra. E per quanto possa avanzare la tecnologia, non ci deve essere strumento che vada a indagare, in assenza di un supervisore, l’operato di un dipendente. Ma quello che fino a ieri sembrava un principio intoccabile, oggi è messo in discussione al pari degli altri tabù in materia di lavoro, come l’articolo 18, infranti dagli ultimi esecutivi.
Il governo Renzi, nell’ambito del Jobs Act, intende infatti introdurre dei meccanismi utili a verificare l’operatività e la produttività in azienda dei dipendenti. Per questo, ha in programma di rivedere la disciplina dei controlli a distanza dei lavoratori attraverso strumenti telematici, telecamere e altre apparecchiature.
Il testo iniziale, approvato in Senato il 9 ottobre, conteneva una non meglio specificata «revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore».
Per maggiore chiarezza, l’ala del Partito democratico più critica sul Jobs Act ha richiesto di specificare nel prossimo testo che i controlli, in assenza di un accordo sindacale, non possono riguardare i singoli lavoratori ma solo i reparti, gli impianti e i macchinari.
Anche con una formulazione del genere, alcuni dubbi però restano. Un’apparecchiatura audiovisiva in grado di controllare un macchinario non è altrettanto capace di supervisionare, indirettamente, l’attività del dipendente che con quel macchinario ci lavora? La privacy di chi lavora non rischierebbe di essere comunque compromessa?
La disposizione, inoltre, fa riferimento ai reparti. Si potrebbe quindi ipotizzare la presenza di telecamere che riprendono dall’alto l’attività di un’area produttiva. Per quanto l’impianto di videoregistrazione sia posizionato in alto e a distanza dal singolo lavoratore, non è possibile che sia in grado comunque di filmare tutto ciò che un dipendente fa sul posto di lavoro?
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