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venerdì, giugno 05, 2015

«Lavorare gratis? All’inizio va bene». Perché le parole di Jovanotti hanno scatenato tante polemiche

La frase in cui Lorenzo racconta agli studenti dellUniversità di Firenze di aver fatto da giovane alcune attività gratuite durante le sagre paesane ha suscitato commenti piccati sulla stampa e sui social network. Un po come accadde qualche anno fa allex ministra del Welfare Elsa Fornero quando parlò di giovani choosy o del lavoro che «non è un diritto». Perché tanta virulenza nelle critiche? Probabilmente perché in un periodo del genere, lItalia non è abbastanza serena per accogliere sportivamente affermazioni sul lavoro che suonano come inusuali

La frase sembrava innocua: «Nei festival in America vedevo tantissimi ragazzi che lavoravano. Erano tutti volontari, non venivano pagati, ma si portano a casa unesperienza. È capitato anche a me. Mi sono ricordato che quando ero ragazzo anche io lavoravo gratis alle sagre e mi divertivo come un pazzo. Imparavo ad essere gentile con le persone, se mi avessero detto non lo fare, vai in colonia, sarebbe stato peggio. Ma per me quel volontariato lì era una festa anche se lavoravo alla sagra della ranocchia Mi dava qualcosa».

Apriti cielo. Per aver pronunciato queste parole davanti agli studenti dellUniversità di Firenze il 4 giugno, Jovanotti è stato bersaglio di critiche e commenti al vetriolo sui social network. Aver osato  affermare che in alcuni casi, per entrare nel mondo del lavoro, o semplicemente come alternativa al non far nulla, si possono svolgere alcune attività gratuite gli è costato per qualche ora letichetta di persona che invita i giovani a farsi sfruttare.

Il tam tam in Rete è cresciuto così in fretta che Lorenzo Cherubini ha sentito la necessità di precisare subito sulla sua pagina Facebook di essere stato probabilmente frainteso: «Ora va bene tutto, ma io di passare come quello che oggi avrebbe detto che è giusto lavorare gratis non ne ho nessuna intenzione, per il semplice fatto che non l'ho detto e non lo penso», ha scritto.

Non basta quindi la popolarità e non è sufficiente essere uno dei cantanti più amati dItalia. Una minima gaffe - posto che quella di Lorenzo lo sia - in tema lavoro non viene perdonata a nessuno. Per avere unidea delle reazioni che la frase è riuscita a scatenare basta raccogliere qualche tweet contrassegnato dallhashtag #Jovanotti.

«"Sì al #lavoro gratis se serve a fare unesperienza" Un'altra voce nel mainstream che abitua i #giovani allo sfruttamento», scrive @AleBezzi. «Non c'è niente di peggio di un milionario che dice a dei morti di fame di andare a lavorare gratis», gli fa eco @cicciogia. «Allora tutti al concerto di #Jovanotti gratis», commenta ironicamente @LisaMarinaro1. Caustico @LughinoViscorto: «#Jovanotti , braccia rubate ai lavori gratis per fare esperienza». E ancora, @LinoMilita: «Dite a #Jovanotti che i giovani in Italia già stanno lavorando gratis». O @Pimpinellas, che assume dei toni quasi rancorosi: «Capisco che è poco pratico di lavoro, non avendolo frequentato molto, ma spiegategli che quello alle sagre è una cosa diversa».

La polemica si è spinta anche sulle pagine dei siti di informazione, che hanno ospitato i commenti di giornalisti e blogger pronti a fare a fette Jovanotti per lesternazione. «Beato lui, che si divertiva, perché noi invece a smazzarci per un tozzo di pane e una pacca sulla spalla non ci divertiamo per niente. E non ci divertiamo per niente a sentirci fare la morale da qualcuno che si fa pagare, e anche molto bene, per il suo lavoro. Lavorare gratis non è etico, è immorale e inaccettabile. E quello che tu, Jovanotti, hai più o meno velatamente sostenuto è che farlo serve per diventare persone migliori. No, no e poi no», scrive Deborah Dirani sullHuffington Post.

Il tono degli interventi è quasi sempre di questo tipo: una persona affermata, che probabilmente non ha problemi nellarrivare alla fine del mese, non dovrebbe permettersi di suggerire ai giovani che esistono circostanze in cui lavorare gratis non è la fine del mondo.

Dalla parte di Jovanotti, solo poche voci. Come quella di Selvaggia Lucarelli, che dal suo profilo Facebook ha difeso il cantante così: «Ha detto una cosa semplice, e cioè che fare piccoli lavori gratis in giovane età può arricchire e perfino piacere, perché è il primo piede nel mondo del lavoro e degli adulti. Parlava della sua felicità nell'andare a portare i panini ai tavoli alla sagra della ranocchia, non a lavorare con la fiamma ossidrica 12 ore al giorno gratis per una multinazionale».

Tra i non detrattori, il giornalista Simone Cosimi che su Wired ha cercato di interpretare il senso profondo delle sue parole: «Il messaggio che Lorenzo voleva far passare ()» è «non certo che lavorare gratis sia giusto (non lo è mai, il lavoro si paga) ma che nella vita può esistere un genere diverso di retribuzione, fatto di esperienze e magari, perché no, contatti e incontri. Se incassata in un periodo specifico della propria esistenza, ovviamente per una fase breve e priva di ogni vincolo, può essere unaggiunta e non un abuso della propria identità. Un arricchimento e non una violazione di chissà quali diritti. Un muovere il culo invece di restarsene sdraiati».

A ben vedere, le polemiche seguite alle parole di Jovanotti non sono nuove. Solo pochi mesi fa, critiche altrettanto infuocate sono arrivate da più parti contro la scelta di Expo di reclutare qualche migliaio di volontari per compiere alcune attività logistiche e di accoglienza durante i sei mesi di esposizione. Anche in quel caso, volontariato e lavoro erano stati messi sullo stesso piano e si era parlato di sfruttamento.

Se invece si torna più indietro nel tempo, la mente non può che andare alle battute, talvolta infelici, di Elsa Fornero, la ministra del Welfare allepoca del governo Monti. «I giovani escono dalla scuola e devono trovare unoccupazione. Devono anche non essere troppo choosy, come dicono gli inglesi», aveva dichiarato in unoccasione lex titolare del Lavoro. O ancora, in unintervista al Wall Street Journal: «L'attitudine della gente deve cambiare: il lavoro va guadagnato, anche con il sacrificio, non è un diritto».

Probabilmente, le dichiarazioni della Fornero riuscivano a toccare - e anche a urtare - maggiormente la sensibilità dei lavoratori. Ma la sostanza è la stessa: in un periodo in cui la disoccupazione giovanile è ben al di sopra al livello di guardia, la precarietà è ancora la normalità per moltissimi giovani e le retribuzioni medie di chi un lavoro ce lha spesso non sono commisurate al livello di preparazione, in Italia non ci si può permettere leggerezze nellaffrontare il tema del lavoro.

Ogni parola, anche volta a incoraggiare, viene scambiata per provocazione. Affermare che per entrare nel clima del lavoro è accettabile fare qualche esperienza, limitata e leggera, di volontariato  sarebbe accettabilissimo in un periodo di relativa serenità. Ma diventa una bomba in un momento in cui il lavoro è spesso una chimera.

Ogni buon genitore inviterebbe i propri figli a non essere troppo schizzinosi nellavvicinarsi al lavoro per la prima volta e a considerare il lavoro come un diritto, certo, ma per il quale bisogna lottare. Però se a dire queste stesse cose è una docente universitaria da una cattedra ministeriale allora il significato, alle orecchie dei giovani lavoratori e di chi commenta in rete, cambia diametralmente. Diventano fastidiose provocazioni.

In questo momento, lItalia sembra troppo tesa e nervosa per accogliere sportivamente parole inusuali in tema lavoro. Chi ha voglia di dirle, lo tenga presente.

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